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Quando l’inadempimento contrattuale costituisce reato

La Cassazione Penale (sent. n. 18821/2017) ha recentemente chiarito le circostanze in cui l’inadempimento ad un contratto di compravendita, da parte del venditore, integra fattispecie penale di truffa.

Nel caso in esame, il venditore, dopo aver ricevuto una caparra a fronte di un ordine ricevuto on-line, non ha dato corso alla consegna del bene e si è reso irrintracciabile ai successivi tentativi di contatto da parte dell’acquirente.

In primo grado l’imputato era stato condannato per truffa (art. 640 c.p.) e in sede di appello la condanna era stata riqualificata come insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.).  A seguito di ricorso da parte del medesimo imputato, la Suprema Corte metteva in luce come nella giurisprudenza di legittimità sia pacifica “l'affermazione che sussiste l'ipotesi della truffa e non dell'insolvenza fraudolenta […] quando l'inadempimento contrattuale sia l'effetto di un precostituito proposito fraudolento”.

Pertanto “deve ritenersi integrata la truffa contrattuale in caso di mancata consegna di merce offerta in vendita ed acquistata sul web, allorché al versamento di un acconto non faccia seguito la consegna del bene compravenduto e il venditore risulti non più rintracciabile giacché tale circostanza evidenzia sintomaticamente la presenza del dolo iniziale del reato, da ravvisarsi nella volontà di non adempiere all'esecuzione del contratto sin dal momento dell'offerta on-line”.

Il principio che può desumersi da tale provvedimento è che la condotta di un contraente che stipuli un contratto con l’intenzione, fin dall'inizio, di non darvi esecuzione trattenendo indebitamente la controprestazione ricevuta non integra semplicemente un inadempimento di rilevanza civilistica ma anche una infrazione di natura penale.

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