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Patti di Famiglia - Profili civilistici e fiscali dell'istituto

Patti di Famiglia

Nota sintetica sui profili civilistici e fiscali dell’istituto del Patto di Famiglia (artt. 768-bis ss. Cod. Civ.)


A. Profili civilistici
Il Patto di Famiglia è definito dall’art. 768-bis Cod. Civ. come “il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti”.
Il Patto di Famiglia è, quindi, un contratto (ovvero un atto tra vivi, a differenza del testamento, che invece è un atto unilaterale mortis causa), il quale tuttavia influisce sull’esito della successione ereditaria.  Esso, infatti, ha la funzione di determinare la destinazione dell’azienda (o delle quote societarie) di una persona in parziale deroga a quanto previsto dal diritto successorio.
Caratteristica essenziale, da tenere in considerazione, è che il Patto di Famiglia ha effetto immediato.  Infatti, secondo il Codice, esso è il contratto con cui “l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti”.  In conseguenza di quanto precede, il disponente si spoglia immediatamente dell’azienda o delle quote di partecipazione in favore del/dei beneficiario/beneficiari.  Nulla vieta che il disponente possa trattenere a sé l’usufrutto dei beni oggetto del Patto di Famiglia.
A mente dell’art. 768-ter Cod. Civ., il Patto deve essere perfezionato sotto forma di atto pubblico (pena nullità) e ad esso devono partecipare tutti coloro che in quel momento ricoprono la posizione di “legittimari”, ovvero le persone a cui la legge (artt. 536 ss. Cod. Civ.) riserva una quota minima di eredità, non disponibile da parte del de cuius nemmeno per via testamentaria (da non confondersi con la “successione legittima”, che è quella che ha luogo nel caso in cui il de cuius non lasci testamento). Tali soggetti sono: i figli (legittimi o naturali), il/la coniuge e (in caso di mancanza di figli) gli ascendenti legittimi.  
Per chiarezza espositiva, si rammenta che nel caso in cui il de cuius lasci più figli, a questi spettano come quota legittima i due terzi del patrimonio, da ripartirsi in parti uguali tra i suddetti figli.  
Ebbene, posto che gli eredi legittimari hanno diritto per legge ad una quota di eredità indisponibile, tale quota dovrà essere rispettata anche in sede di stipulazione del Patto di Famiglia, che non è altro che una sorta di “anticipazione” dell’eredità.  Va da sé, in ogni caso, che in sede di Patto di Famiglia la quota legittima può anche essere rinunciata da uno o più dei legittimari.
Pertanto, ai sensi dell’art. 768-quater, comma 2, Cod. Civ., a fronte dell’assegnazione dell’azienda (o delle quote societarie), il beneficiario è tenuto a liquidare ai legittimari una somma corrispondente al valore dell’azienda (o delle quote societarie), in proporzione alle rispettive quote di legittima (sempre salvo rinuncia).  Importantissimo sottolineare che tale valore viene calcolato al momento in cui viene stipulato il Patto di Famiglia e non al momento della successione, come invece avverrebbe in caso di destinazione dell’azienda o delle quote in sede testamentaria.  La differenza è di fondamentale rilevanza, poiché il valore dell’azienda (o delle quote) potrebbe variare sensibilmente tra i due momenti, creando una forte incertezza in caso di disposizione testamentaria; tale incertezza viene invece azzerata con il Patto di Famiglia.  Detto in parole semplici: con il Patto di Famiglia si sa fin da subito quanto occorre liquidare agli eredi legittimari non assegnatari dell’azienda o delle quote (senza che un aumento di valore di queste ultime nel tempo abbia alcuna rilevanza al momento di apertura della successione); con il testamento non si sa quanto varranno l’azienda o le quote e, quindi, quale sarà la somma da riconoscere agli eredi legittimari.
Seppur non espressamente previsto dalla legge, nulla vieta che sia il medesimo disponente ad assegnare ai legittimari non assegnatari dell’azienda (o delle quote societarie) una quantità di denaro o di beni tale da soddisfare la quota legittima loro spettante.  Inoltre, in base al comma 3 dell’art. 768-quater Cod. Civ., l’assegnazione di beni o denaro a titolo di legittima può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al Patto di Famiglia e purché vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato a quest’ultimo.
Quanto ricevuto dai partecipanti al Patto di Famiglia (siano essi l’assegnatario dell’azienda o delle quote oppure i legittimari) non è soggetto a collazione o a riduzione.  Questo significa che quanto legittimamente disposto con il Patto di Famiglia è inattaccabile al momento della successione.
B. Profili fiscali
Dopo aver sinteticamente esposto i profili civilistici del Patto di Famiglia, di seguito si evidenziano i profili fiscali, con riferimento sia alle imposte dirette che a quelle indirette, concentrandosi in particolar modo con riguardo al trasferimento di partecipazioni sociali costituite da quote (di S.r.l.) e azioni (S.p.A. o S.a.p.a.).
Imposte dirette
Si evidenzia preliminarmente che il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni sociali mediante Patto di Famiglia avviene a titolo completamente gratuito e tale circostanza costituisce motivo determinante per qualificare l’operazione “di per sé” sostanzialmente neutra ai fini dell’imposizione diretta, sia per il disponente sia per l’assegnatario.
La neutralità fiscale, ai fini dell’imposizione diretta, del trasferimento di azienda e/o di partecipazioni, attuato con il Patto di Famiglia, non si estende alla successiva eventuale cessione dell’azienda e/o delle partecipazioni effettuata dall’assegnatario.
Infatti, l’art. 67 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (“TUIR”) qualifica come redditi diversi le plusvalenze realizzate in caso di cessione delle aziende acquisite per trasferimento per causa di morte o atto gratuito.  Ugualmente costituisce reddito diverso la successiva cessione di partecipazioni sociali acquisite per Patto di Famiglia effettuata dal beneficiario. In tal caso, la plusvalenza sarà pari alla differenza tra il corrispettivo di cessione ed il costo fiscale riconosciuto in capo al disponente all’atto della stipula del Patto di Famiglia.
Imposte indirette
L’art. 3, comma 4-ter, del D.lgs. n. 346/1990 esclude dall’ambito di applicazione delle imposte sulle successioni e donazioni i trasferimenti di azienda, di quote sociali e di azioni effettuate a favore dei discendenti e del coniuge anche attraverso lo strumento del Patto di Famiglia.
Per quanto riguarda specificatamente il trasferimento di quote o di azioni, attuato mediante Patto di Famiglia, il beneficio è stato riconosciuto solamente con riferimento al trasferimento di partecipazioni sociali che consentano l’acquisizione oppure l’integrazione del controllo sulla società ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), Cod. Civ..  E’ indispensabile quindi che il beneficiario disponga della maggioranza dei voti da esercitare nell’assemblea ordinaria (50% + 1).  E’ prevista, inoltre, quale condizione inderogabile per ottenere l’esenzione dalle imposte sulle donazioni e successioni, per quanto riguarda l’assegnazione di partecipazioni, il mantenimento del controllo della società per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, assumendone l’impegno nel Patto di Famiglia.
Il mancato soddisfacimento delle suddette condizioni espone il beneficiario al pagamento dell’imposta sulle donazioni e successioni, oltre ad una sanzione amministrativa pari la 30% dell’imposta non versata, più interessi.
Un’importante notazione riguarda il caso in cui il disponente volesse assegnare la partecipazione di controllo a più di un discendente.  In merito, l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 75/E del 26/07/2010, ha precisato quanto segue:
In particolare:
-se la partecipazione è frazionata tra più discendenti, l’agevolazione spetta esclusivamente per l’attribuzione che consenta l’acquisizione o l’integrazione del controllo da parte del discendente;
-se il trasferimento della partecipazione di controllo avviene a favore di più discendenti in comproprietà (articolo 2347 c.c.) il beneficio di cui trattasi è sempre riconosciuto (ove l’attribuzione consenta ai discendenti in comproprietà di acquisire o detenere il controllo societario).
Con la circolare n. 3 del 22 gennaio 2008, l’Agenzia ha chiarito che l’agevolazione si applica ai trasferimenti in regime di comproprietà in quanto, in base all’articolo 2347 del codice civile, i diritti dei comproprietari sono esercitati da un rappresentante comune, che disporrà della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria.
In sostanza nell’ipotesi di comproprietà, i beneficiari sono in grado di esercitare il controllo della società per il tramite del rappresentante comune. Tale possibilità non può essere invece riconosciuta nell’ipotesi in cui le partecipazioni risultino frazionate tra i coeredi”.
In tale ultimo caso, va da sé che la partecipazione di controllo assegnata pro indivisa a più eredi dovrà essere mantenuta in comune per un periodo non inferiore ai cinque anni.  Solo dopo tale periodo si potrà procedere alla divisione delle rispettive quote o, se del caso, alla vendita a terzi delle medesime.
Come già anticipato sotto il profilo civilistico, anche ai fini fiscali il beneficio fiscale viene riconosciuto anche qualora il disponente si riservi, per un determinato periodo o fino alla morte, l’usufrutto dell’azienda o della partecipazione trasferita per Patto di Famiglia.
Per completezza di trattazione, si precisa che, qualora oggetto del Patto di Famiglia sia un’azienda nella quale siano compresi beni immobili e per la quale ricorrano i presupposti per le esenzioni di cui al già citato art. 3, comma 4-ter, del D.lgs. 346/1990, il trasferimento degli immobili di cui sopra sarà esentato altresì dalle imposte ipotecarie e catastali.
* * *
Regime normale di tassazione in caso di mancanza di esenzione per difetto dei requisiti
Le esenzioni di cui sopra opereranno – in presenza dei requisiti indicati – non solo nel Patto di Famiglia ma anche nelle ipotesi più generali di trasferimento per donazione o mortis causa.  
A titolo meramente indicativo, si riporta qui di seguito il regime di tassazione a cui sarebbero soggetti tanto la donazione, quanto la successione mortis causa, quanto il medesimo Patto di Famiglia, qualora non trovasse applicazione l’esenzione, per mancanza dei requisiti sopra evidenziati:
- trasferimenti in favore del coniuge o di parenti in linea retta: imposta al 4% sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, la franchigia di € 1.000.000,00;
- trasferimenti in favore dei fratelli o sorelle: imposta al 6% sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, la franchigia di € 100.000,00;
- trasferimenti in favore di altri parenti fino al 4° grado, degli affini in linea retta e in linea collaterale fino al 3° grado: imposta al 6% senza franchigia;
- trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti: imposta all’8% senza franchigia.
Nei limiti delle suddette franchigie l’imposta di donazione è esclusa; la franchigia spetta una sola volta per ciascun beneficiario, anche in presenza di più donazioni o liberalità ricevute dallo stesso soggetto; a tal fine rileva l’ammontare complessivo di tutte le donazioni effettuate dal donante al donatario.
Per quanto riguarda la determinazione del valore dei beni trasferiti per donazione o altro atto a titolo gratuito, per successione o per Patto di Famiglia, ai sensi degli artt. 8 e 16 D.Lgs. n. 346/1990 per le azioni e altri titoli non quotati occorrerà fare riferimento al valore proporzionalmente corrispondente del patrimonio netto della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, in base al valore complessivo dei beni e diritti appartenenti alla società al netto delle passività.
In pratica, la base imponibile di tali partecipazioni deve essere determinata avendo riguardo al valore contabile della quota-parte di patrimonio netto, risultante dall’ultimo bilancio o inventario, cioè senza tenere conto di alcun plusvalore o dell’avviamento.
Quando il bilancio risulta presente le sue risultanze sono vincolanti per l’Amministrazione finanziaria, la quale non può procedere a rettifiche a meno che non denunci il mancato rispetto dei criteri legali di redazione del bilancio.  Diversamente, solo in mancanza di bilancio o di inventario le partecipazioni dovranno essere assunte al valore di mercato.
Oltre all’imposta sulle donazioni e successioni, come sopra indicata, in caso di mancanza di esenzione troveranno applicazione anche le imposte ipotecarie e catastali (1% + 3%) sul valore catastale degli immobili che, eventualmente, facciano parte dell’azienda oggetto di trasferimento.

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